La Tav non s’ha da fare. Lo dicono da anni gli abitanti della Val Susa, in Piemonte, che si oppongono alla realizzazione della linea ferroviaria del treno ad alta velocità Torino-Lione, nell'ambito della costruzione del corridoio 5 che dovrebbe collegare l'Europa dell'est (a partire da Kiev), con le grandi città dell'Europa occidentale (tra cui Torino, Marsiglia, Barcellona fino a Lisbona).
È un progetto inutile, estremamente oneroso e dannoso per la salute dei cittadini e per l’ambiente.
Inutile perché il corridoio 5 funzionerà lo stesso senza l’alta velocità tra Torino e Lione. Costoso perché l’Europa finanzierà (forse) solo una piccola parte della somma necessaria per completare il progetto, e toccherà all’Italia versare la quota più consistente.
Pericoloso per le persone e per l’ambiente, a causa della presenza di amianto nelle montagne potenzialmente perforabili, nonché per l’inquinamento acustico, delle falde acquifere e dell’aria che un cantiere tanto imponente comporterebbe, in una valle splendida dal punto di vista paesaggistico e naturalistico.
Infine, rappresenta un modo di far politica che non ci piace: le decisioni calate dall’alto hanno fatto il loro tempo.
Non a caso il percorso dei valsusini è diventato un esempio di movimento sociale innovativo, trasversale ed efficace, in Italia e in Europa.
A questi cittadini il merito di aver bloccato i lavori, di aver dato vita a un presidio e a manifestazioni di popolo bellissime, inclusa quella del dicembre 2005, stroncata dalle violenze delle forze dell’ordine. Ma il movimento non si è mai arreso, la mobilitazione da allora continua.
Di recente i valsusini hanno manifestato a Bruxelles e consegnato al Parlamento Europeo oltre 30mila firme per dire ancora una volta no alla Tav. E di certo la loro lotta non finisce qui.
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