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Una scommessa vinta...una aperta



Good morning Nairobi - voci e testimonianze del World social forum 2007. A cura di Transform! Italia

Chi si aspettava una nuova Mumbay, è rimasto deluso. Ma per chi aveva seguito da vicino il processo preparatorio e si era informato sul contesto socio-politico in cui si sarebbe svolto il forum, Nairobi è stato un successo insperato.
L’Africa è un continente complicato e il livello di organizzazione delle lotte anti-liberiste è estremamente diversificato da regione a regione. Se l’Africa occidentale, per esempio, riesce ad esprimere una realtà come Roppa (Réseau des organisations paysannes et de producteurs de l’Afrique de l’Ouest), una rete di quaranta milioni di contadini provenienti da dieci nazioni diverse, uniti per difendere l’agricoltura familiare e promuovere l’integrazione dei mercati locali; e se l’Africa del Sud è storicamente il luogo di massima concentrazione di attivisti per i diritti civili, sociali ed economici (pensiamo ai movimenti sudafricani di liberazione dall’apartheid e tutte le loro recenti evoluzioni, fra cui la TAC – Treatment Action Campaign per l’accesso ai farmaci essenziali e contro la privatizzazione dei servizi sanitari o il Landless People Movement per un’equa redistribuzione delle terre); l’Africa dell’Est rappresenta la cenerentola della società civile continentale. L’estrema frammentazione delle lotte, condotte da mille realtà sociali impegnate in conflitti locali o monotematici e incapaci di fare network, ne è il tratto saliente. Da questo punto di vista il forum di Nairobi ha rappresentato una vera e propria svolta. Per la prima volta i diversi soggetti hanno infatti trovato uno spazio di incontro e di ascolto reciproco,  si sono scambiati le esperienze e hanno elaborato piani di azione congiunti che, in molti casi, vanno ben oltre l’orizzonte africano e assumono una dimensione globale.
Un esempio da manuale è quello rappresentato dalla prima “Rete dei movimenti africani contro la privatizzazione e la mercificazione dell’acqua” che, insieme ai più consumati attori europei e latinoamericani, ha stilato un dettagliato percorso a tappe verso il raggiungimento del traguardo “acqua come diritto umano fondamentale”, la più ravvicinata delle quali è l'Assemblea dei Cittadini e degli Eletti per l'Acqua che si terrà a Bruxelles dal 18 al 20 di marzo 2007.
L’alleanza dei movimenti del Nord e del Sud del mondo si è confermata anche sul fronte Hiv/Aids, killer implacabile di oltre due milioni di persone nella sola Africa sub-Sahariana. In una conferenza stampa congiunta, organizzata da attivisti italiani, nigeriani e keniani, è stato rilanciato l’appello al governo italiano affinchè mantenga le promesse di finanziamento al Fondo globale per la lotta contro l’Aids, la tubercolosi e la malaria. Un appello che si è portato dietro tutta la carica empatica che solo un forum sociale mondiale può offrire e che sembra aver convinto il premier Prodi (vedi sue dichiarazioni a riguardo in occasione del vertice dell’Unione Africana di Addis Abeba, ndr) a porre rimedio a un vero e proprio scivolone dell’ultima legge finanziaria che, con la cancellazione dei 260 milioni di euro promessi per il biennio 2006-2007, aveva tradito la richiesta di milioni di elettori circa un chiaro segnale di discontinuità con l’esecutivo precedente sulle politiche di  solidarietà internazionale.
Se l’acqua e la lotta all’Hiv/Aids erano temi ormai maturi del dibattito internazionale, altrettanto non lo erano gli Ape, gli accordi di partenariato economico tra l’Unione europea e i Paesi più poveri dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (in inglese, Epa – Economic partnership agreements). L’operazione verità condotta a Nairobi su questo argomento potrebbe rivelarsi determinante per i movimenti sociali africani, e non, che da anni si battono contro l’ultima versione di colonialismo occidentale e che durante il forum hanno dimostrato, ancora una volta, nonostante la ministra Bonino li abbia denigrati a “ipotetico movimento pan-africano”, tutta la loro competenza e visione sistemica. Con l’obiettivo di ricondurre i negoziati alla loro originaria dimensione di sviluppo (come previsto dagli Accordi di Cotonou), le richieste avanzate da Roppa, Eaff (East african farmers federation) e Propac (Subregional platform of peasant organizations of Central Africa), a nome di un network includente tutte le maggiori organizzazioni contadine dei Paesi Acp (Africa, Caraibi e Pacifico):
•    dare priorità all’integrazione regionale e allo sviluppo di mercati Sud-Sud;
•    escludere i prodotti sensibili dai negoziati secondo un regime di scambio basato sul riconoscimento dell’asimmetria fra i partner del Nord e del Sud del mondo;
•    migliorare la partecipazione delle organizzazioni contadine e di altri membri della società civile nella preparazione e nella negoziazione degli accordi;
•    realizzare studi di impatto economico per tutte le regioni coinvolte, includendo gli effetti di tipo ambientale e sociale.
Per soddisfare queste richieste è fondamentale ottenere subito una moratoria di 3 anni rispetto la scadenza del 31 dicembre 2007, data entro la quale la Commissione europea vorrebbe siglare gli Epa con i partner Acp, e poi  attribuire un significato diverso alla scadenza del 2020. Per Bruxelles, quest’ultima data dovrebbe essere il termine del periodo transitorio e l’entrata un vigore dell’area di libero scambio. Per le organizzazioni contadine e per molti governi Acp il 2020 dovrebbe diventare invece l’anno di verifica delle pre-condizioni alla competizione mondiale, ovvero il raggiungimento di un adeguato livello di integrazione dei mercati regionali, di sviluppo dei sistemi produttivi e di consolidamento dei sistemi di welfare.
Come movimento europeo non ci viene richiesto un semplice atto di solidarietà ma la consapevolezza di un interesse comune. Infatti mentre i Paesi africani rischiano di fossilizzarsi nel ruolo di esportatori di monoculture in balia delle quotazioni artificiali delle borse merci occidentali, contemporaneamente nel sud Europa, Italia compresa, ogni anno chiuderanno migliaia di aziende agricole a gestione familiare, schiacciate dalla concorrenza delle multinazionali dell’agro-business. La strada da seguire è quella di allargare il più possibile le campagne già in corso da parte di Tradewatch ed Europa-Africa, creare una coscienza pubblica sul tema e indurre il Parlamento a dibattere sul mandato da affidare alla Ministra per il Commercio estero, Emma Bonino, quale membro del Consiglio Ue.
Oggi più che mai il confronto sulla globalizzazione non può essere ridotto a una questione di buona governance; è urgente contrapporre all'attuale sistema che ruota attorno al Wto un insieme condiviso di nuove regole nelle relazioni Nord-Sud del mondo, rispettose della dignita' dei singoli e della sovranita' dei popoli.






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