Sei qui: home » articoli » archivio 2009

Uno sguardo (impietoso) dentro di noi



editoriale della newsletter di Vittorio Agnoletto, FaiLacosaGiusta News, n.13

"Se confronto le mie aspettative di quasi vent'anni fa, quando ventenne iniziavo a fare il volontario alla LILA di Milano - mi scrive il mio amico Davide - con la realtà personale e collettiva di oggi c'è una divaricazione che non potrebbe essere maggiore.Ognuno, per citare Gaber, "si dedica alla sua salvezza personale", chi con migliori, chi con peggiori risultati. Il tessuto collettivo si è strappato e i peggiori comportamenti sono entrati dentro di noi. Il filo di un intreccio tra le storie individuali e una speranza "più grande" non si ritrova più; l'amicizia, la reciprocità, la generosità sono relegate ad un etica privata (nel migliore dei casi!) senza nessuna dimensione pubblica."
Stessa musica - aggiungo io - nella sfera più strettamente politica: spesso un semplice passo indietro, un riconoscere competenze e limiti di ciascuno, di se stessi come degli altri, aiuterebbe enormemente il tentativo di ricostruire la sinistra. Nulla. Troppo spesso, nei gruppi della stessa sinistra, la centralità è la propria storia, il fine è il proprio destino personale o di gruppo e tale priorità impedisce di cogliere l'opportunità di relazioni e di sinergie.Tutto ciò produce disastri collettivi e comportamenti miopi dei quali ci si può solo vergognare. Non basta fare mille cose, individuare la strada "giusta", se contemporaneamente nel nostro intimo non siamo capaci di una rivolta etica, di ritrovare un noi che oggi affoga dentro l' io.
In questi mesi, seguenti alla sconfitta di giugno alle elezioni europee, sono stato costretto a rallentare i ritmi della mia vita, a ri-cercarmi un lavoro, a guardarmi intorno per capire quale direzione prendere. E ho avuto più tempo per riflettere. E' impressionante come la logica berlusconiana dell'individualismo e del "vita mea, mors tua" sia penetrata tanto anche nel nostro campo. La logica usa e getta ha trionfato anche dalle nostre parti. L'uso delle persone in funzione del loro ruolo è purtroppo una consuetudine ormai diffusa anche tra coloro che continuano a credere che "un altro mondo è possibile". Nell'omologazione dei comportamenti quotidiani, le parole, da sole, non fanno la differenza; le nostre rischiano così di scivolare via senza lasciare traccia. La nostra sconfitta, prima che politica è stata culturale, ma anche etica: troppe volte i valori per i quali ci battiamo non costituiscono le linee guida della nostra stessa esistenza. La crisi economica e sociale non crea solo un popolo affamato,ma rompe anche legami di solidarietà che si ritenevano inossidabili, aiuta ognuno a tirare fuori il peggio di sé.
Abbiamo bisogno di una linea politica e di una strategia; ma anche di una pratica concreta che dia credibilità alle nostre parole, di un immaginario condiviso, di una narrazione collettiva. Che credibilità possiamo avere quando con voce alta gridiamo che il destino del mondo è nelle mani di questa nostra generazione, che i popoli devono saper lottare uniti per evitare la catastrofe ambientale e poi non sappiamo trovare tra noi un comune denominatore che ci permetta di percorrere, pur con le nostre differenze, un cammino condiviso? Come facciamo ad essere credibili se da un lato denunciamo il rischio autoritario al quale il nostro Paese è esposto e dall'altro sembriamo intenti a segnare i confini e le gerarchie tra le nostre scialuppe, mentre il mare si prepara ad inghiottire tutta la flotta? Parliamo di percorsi collettivi, ma quanti anche a sinistra preferiscono essere il numero uno nel proprio gruppo, piuttosto che il numero due o tre o dieci in una moltitudine? Quanti di noi sono disponibili a fare un passo indietro per far progredire le idee nelle quali credono? Il nostro rifiuto del modello politico della destra con un solo uomo al comando, raccoglierà qualche credibilità solo quando sapremo dimostrare che l'esercizio della democrazia non è sinonimo di diaspora e di divisione.
La costruzione in Italia una sinistra antiliberista unita, capace di uno sguardo universale, potrà avere inizio solo quando sapremo testimoniare le parole con le azioni, quando saremo capaci di ascoltare, di creare connessioni e consenso, di anteporre i valori condivisi alle proprie ambizioni.






spedisci il link ad un amico