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Wto: a che punto siamo?



Lavori in corso

Dal 30 novembre al 2 dicembre, a Ginevra, l'Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc, in inglese Wto) svolgerà la sua VII assemblea ministeriale. Perché nessuno ne parla? Perché non c'è mobilitazione fra i movimenti altromondialisti? Semplice, perché questa conferenza non è altro che una scatola vuota. Una convocazione obbligata da parte del direttore Pascal Lamy poiché il trattato istitutivo dell'Omc prescrive di incontrarsi ogni due anni e l'ultima conferenza risale al dicembre 2005, a Hong Kong.
Il Doha Development round, lanciato con tanta enfasi nel 2001 poche settimane dopo l'attentato alle Torri Gemelle, è infatti da tempo impantanato sul tema agricolo con una situazione di contrapposizione ormai cristallizzata tra Ue e Usa, da una parte, e India e Brasile dall'altra.L'agricoltura è stata inclusa fra gli accordi Omc nel 1995 quando il dogma era quello di "liberare" il settore dal controllo "mortifero" dei governi per affidarlo alle mani "virtuose" delle società private. Peccato che alla fine si sia passati da un centralizzazione governativa a una concentrazione di tipo privatistico, con un oligopolio di imprese transnazionali che controllano le materie prime agricole e con il numero di persone che soffre la fame è tornato a crescere, toccando secondo la Fao la cifra record di un miliardo.
Secondo Roberto Meregalli di Tradewatch, "la lezione che si dovrebbe avere imparato in questi anni è che la maggior integrazione commerciale e finanziaria dei Paesi in via di sviluppo con l'economia mondiale li ha resi più vulnerabili, non più forti. Che pensare di risolvere il problema dei paesi in difficoltà alimentare con le importazioni dall'estero, a scapito della sovranità alimentare, era totalmente errato perché quando i prezzi mondiali aumentano le capacità di importazione di questi paesi diminuiscono e la fame aumenta. Che quando i prezzi mondiali calano, il calo non viene rapidamente trasmesso ai mercati locali". Ma è l'intero pacchetto di Doha che non si capisce bene quali benefici possa portare al Sud del mondo.
Nel 2003, la Banca Mondiale (Bm) stimava che l'applicazione delle misure in esso contenute avrebbe generato un aumento della ricchezza mondiale pari a 830 miliardi di dollari, di cui 540 a favore dei Paesi in via di sviluppo, con 144 milioni di persone in uscita dalla povertà.Solo due anni dopo, nel 2005, la stessa BM tagliò drasticamente le stime a 287 miliardi totali, di cui solo 90 a beneficio dei Pvs.
Una cifra ridicola se si pensa che i soli Stati Uniti hanno speso oltre 700 miliardi di dollari per il salvataggio delle banche.Eppure non c'è G8 o G20 che non includa nella sua dichiarazione finale l'auspicio di una lieta fine del Doha Round. Ma quante possibilità ci sono che tali auspici (per loro, per noi sono incubi!) si realizzino?A questo giro pochi, per fortuna. Gli Stati Uniti di Obama hanno altre priorità in politica estera. Ma non dobbiamo abbassare la guardia.
Nel suo discorso del 13 ottobre all'incontro annuale della federazione americana delle industrie dei servizi, il neo nominato Segretario al Commercio Estero, Ron Kirk, è stato alquanto esplicito: "i negoziati in sede Wto sono stati eccessivamente centrati su agricoltura e merci. Noi crediamo che i maggiori profitti per l'economia globale che potrebbero derivare dal negoziato multilaterale sarebbero nella liberalizzazione dei servizi.
Le offerte attualmente sul tavolo sono semplicemente inesistenti. Abbiamo appena iniziato a impegnarci in negoziati seri su questo". Il Doha Round sembra quindi riavviarsi sugli stessi binari in cui si era arrestato a Hong Kong: con la modifica dell'accordo agricolo come merce di scambio per l'apertura del settore dei servizi nelle principali economie emergenti ovvero Cina, Brasile e India. Della serie, nessun insegnamento dalla più grande crisi economica dai tempi della Seconda guerra mondiale!






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