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A Bologna per una sinistra antiliberista



il manifesto, articolo di Vittorio Agnoletto e Raffaele K.Salinari

Alle elezioni europee la sinistra antiliberista italiana è stata sconfitta; il fatto che la somma dei voti a sinistra del PD sia molto superiore al risultato dell'Arcobaleno non può essere una consolazione. Si è persa infatti un'occasione importante per mantenere un presidio in Europa, lì dove vengono decise le strategie economico-sociali e finanziarie per i prossimi decenni. A differenza di noi la controparte ne è ben consapevole: sono infatti 15.000 i lobbisti delle multinazionali, delle finanziarie ecc. accreditati presso il Parlamento Europeo. La dimensione europea oggi è centrale sia per elaborare risposte efficaci alla crisi, inclusi i temi della cooperazione allo sviluppo e la realizzazione degli Obiettivi del Millennio, sia per poter lavorare nella direzione della costruzione di un mondo multicentrico fondato su diversi assi relazionali sud-nord e est-ovest. Faremmo quindi un grave errore ad archiviare la vicenda europea, dobbiamo trovare collettivamente delle modalità per mantenere relazioni stabili con quello che avviene a Bruxelles, affinché diventi anche oggetto del confronto nazionale. Inoltre, ora che la crisi, prevista dai movimenti antiliberisti fin da Porto Alegre 2001, è nel pieno del suo svolgersi, quello che è stato il più grande movimento europeo non può voltare la testa dall'altra parte ed occuparsi solo di affari domestici.Il "popolo di sinistra" è preda ad una profonda crisi identitaria non velocemente superabile e, non senza ragione, guarda verso il mondo politico alla ricerca dei responsabili. Le responsabilità sono tante e suddivise, anche se, personalmente, continuiamo a pensare che le scissioni non abbiano mai aiutato la costruzione di percorsi unitari e il raggiungimento di obiettivi comuni. Ma ora è tempo di guardare avanti: nessuno ha la ricetta e quindi sia benvenuto ogni confronto, come l'assemblea di Bologna,dove si parla e soprattutto si ascolta. Con grande umiltà suggeriamo al dibattito tre riflessioni che ci derivano dallo sperimentare direttamente, da oltre due decenni, una collocazione (spesso sottoposta a fuochi concentrici) a cavallo tra il mondo associativo e quello politico:
1. una qualunque ripresa a sinistra deve saper coniugare in parole, opere ed azioni, la capacità di elaborazione su orizzonti e obiettivi di lungo termine(decrescita, difesa dei beni comuni, nuovo municiipalismo...ecc) con la comprensione della materialità della vita odierna di milioni di persone strangolati dalla crisi economica. E' inderogabile andare a confrontare le nostre ipotesi, davanti ai call-center, nei mercati, nelle aziende in crisi, tra i giovani ricercatori precari e all'arcicorvettocheincormistava (direbbe Ivan Della Mea).
2. il mondo associativo/società civile e il mondo politico/professionista rispondono a due DNA estremamente differenti, fortemente autocentrati fino a pensarsi, ciascuno, autosufficiente; ma se l'obiettivo è la trasformazione della società nessuno dei due lo è. Né i partiti possono trasformare le associazioni in cinghie di trasmissioni, né le associazioni possono partecipare direttamente alla contesa elettorale senza snaturare il loro ruolo di soggetti autonomi da quelle logiche di potere e dunque replicarne i vizi. Non va taciuto, inoltre, il perverso, e spesso condiviso, legame tra ampie fette di associazionismo e il politico di turno erogatore dei fondi. Dobbiamo anche ammettere che fino ad oggi non siamo riusciti ad inventare nuove forme compiute di democrazia, anche se vi sono alcuni esempi embrionali importanti, ma difficili da generalizzare: anche questa è una ricerca complessa, lunga e da compiere insieme.
3.La nostra discussione per poter sperare di essere fruttuosa deve essere aperta a tutti, priva di pregiudizi, capace di ricercare in primis una unità culturale e di pensiero simbolico sui/sul progetto/i anche tra riferimenti differenti, diremmo eretici. Non crediamo però sia utile lasciare completamente indeterminato lo spazio dentro il quale svolgere tale ricerca; per noi l'obiettivo, e vorremmo comprendere se è condiviso, è la costruzione di un polo politico con le caratteristiche sopra citate, che sia antiliberista, anticapitalista, autonomo politicamente, culturalmente e organizzativamente dalle socialdemocrazie, e, in Italia, dal PD. Non stiamo parlando di alleanze elettorali, che rispondono a situazioni specifiche temporali e geografiche, ma di un'autonomia di pensiero, d'immaginario e quindi di strategia.






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