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«In Europa Pd e Di Pietro favoriscono Berlusconi»



Liberazione, intervista di Cosimo Rossi a Vittorio Agnoletto, capolista alle elezioni

Scarica il pdf (parte I, parte II) dell'intervista

«Ora basta con questa fandonia di Di Pietro paladino dell'opposizione al berlusconismo». Vittorio Agnoletto, al contrario, evidenzia che a Strasburgo le cose vanno in modo assai diverso: «Il gruppo liberale, cui fa riferimento anche l'Italia dei Valori, sostiene gran parte delle politiche di Berlusconi - spiega - specialmente in materia di diritti sociali».Tra i provvedimenti cui si riferisce l'europarlamentare del Prc-Se (candidato capolista nelle circoscrizioni del nord-ovest e sud) c'è per esempio la "direttiva rimpatri" in materia di immigrazione: quella che estende la possibilità di detenzione nei Cpt fino a 18 mesi e consente il "rimpatrio" forzoso in paesi diversi da quelli di origine. Il testo è stato varato nel giugno scorso grazie al voto delle destre, del Ppe e della più parte dei liberali, tra i quali, appunto, il dipietrista Beniamino Donnici.
La direttiva ha lacerato anche il Pse, schierato in maggioranza per il no assieme alle sinistre dei Gue e i Verdi, ma con numerosi spagnoli e tedeschi che hanno votato a favore e gli altri defilati nell'astensione. A cominciare proprio dagli italiani. Gli esponenti del Pd, variamente ripartiti a Strasburgo tra popolari, liberali e socialisti, hanno infatti adottato la comune linea astensionista. «Questo ha permesso l'approvazione della direttiva - osserva Agnoletto - è un caso di estrema attualità, dal momento che in Italia il pacchetto sicurezza stabilisce la permanenza nei Cpt fino a 6 mesi. Peccato che, tra sì e astensioni, quelle stesse forze che a Roma strepitano contro il governo a Strasburgo abbiano acconsentito ai 18 mesi, permettendo a Maroni di richiamarsi proprio all'Europa».


Dunque quel contrasto frontale, tra Berlusconi da una parte e il Pd e l'Idv dall'altra, a Strasburgo non si manifesta nel modo in cui lo stanno invece rappresentando nella campagna elettorale italiana?
Macchè. Nel Parlamento europeo c'è sempre stato un tentativo di cogestione tra Ppe e Pse con in mezzo i liberali. Lo ha dimostrato, sin dall'inizio della legislatura, il patto di ferro per la staffetta del presidente: nei primi due anni e mezzo è stato il socialista Borrel e poi il popolare Poettering. Un accordo già rinnovato per la possima legislatura a parti invertite, comincia il Ppe e poi tocca il Pse. Doveva toccare a un polacco, ma Berlusconi chiede che sia Mario Mauro, uomo della Compagnia delle opere.

Cioè a dire che dopo lo scontro al calor bianco della campagna elettorale il Pd voterà presidente del parlamento un berlusconiano?
Probabile. In Europa ci troviamo di fronte a un blocco che sostiene le politiche liberiste e il dominio dei governi. Coi socialisti e anche con i liberali ci incontriamo più spesso in tema di diritti civili, mentre nella politica economica sono iper liberisti. Dipende però se si tratta di risoluzioni non vincolanti oppure delle direttive, dove tutti tendono a assecondare gli indirizzi dei rispettivi governi. Sulle impronte dei bambini rom siamo stati proprio noi a prendere l'iniziativa raccogliendo un vasto consenso, nel caso dei rimpatri invece la Spagna di Zapatero voleva la direttiva. Poi c'è l'aspetto paradossale rappresentato dal Pd: si pensi che qui a Strasburgo viene chiesto il ricoscimento a livello europeo dei matrimoni omosessuali contratti nei Paesi dell'Unione e in Italia accade quel che accade sui dico...Fatto sta che sugli aspetti rilevanti c'è una vasta pratica di cogestione tra le forze maggiori, che però in certi casi proprio grazie al Gue, e anche all'appoggio dei Verdi, riusciamo a far saltare cogliendo risultati importanti.

In quali casi, per esempio? E in che modo?
Quando si realizza un'iniziativa che collega l'azione parlamentare alla mobilitazione sociale e di opionione pubblica, scardinando la cappa della cogestione e la pressione dei governi che pesano sul parlamento. Per esempio sull'orario di lavoro. Come Gue abbiamo fatto una battaglia durissima per far pressione sui socialisti, combinando e coordinando la nostra iniziativa parlamentare con quella sociale dei sindacati e della Cgil in particolare. Siamo stati determinanti per stringere il Pse. Solo questo ha consentito di sconfiggere la direttiva che portava a 65 ore settimanali, e in certi casi fino a 78, l'orario di lavoro.

Continua...






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