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Non sono bestie, sono migranti.



Intervista di AprileOnLine.info

Una delegazione di europarlamentari ha visitato nel week-end i centri di accoglienza, ora trasformati in strutture per l'identificazione e l'espulsione, che sorgono a Lampedusa. Ne ha fatto parte Vittorio Agnoletto (Prc-Gue), che ci ha raccontato il dramma visto.

Condizioni igenico-sanitarie inaccettabili nell'assenza del rispetto dei diritti e delle leggi.A Lampedusa c'è un centro di accoglienza temporanea (Cpta) per immigrati che il governo, con il ministro dell'Interno Maroni, ha voluto recentemente trasformare in centro di identificazione e espulsione (Cie). Accanto ad esso, un'altra struttura militare più piccola, il Loran, dove sono concentrati i minorenni, le donne e alcuni richiedenti asilo provenienti soprattutto da paesi con cui l'Italia non ha stipulato accordi bilaterali. Lampedusa, testa di ponte nel Mediterraneo che collega Africa e Italia, è l'isola dove approdano le carrette del mare con a bordo il popolo della migrazione irregolare e disperata. Un popolo che vive, in queste strutture, condizioni inimmaginabili sul piano igienico-sanitario, ma anche del diritto, nazionale e internazionale, nella maggioranza dei casi totalmente violato. Proprio qui si è recata in visita sabato una delegazione di europarlamentari guidata dall'esponente di Rifondazione Comunista (Se-Gue), Giusto Catania, e costituita da Vittorio Agnoletto, dal greco Kostas Droutsas, da Roberto Musacchio e dalla tedesca Gabi Zimmer. Una missione in cui è stata raccolta una consistente documentazione in merito a cause riguardanti la richiesta di asilo, il ricongiungimento familiare, gli episodi di pestaggio, la condizione minorile. Una missione che ha consentito ai delegali europei di fotografare il dramma umano in cui non vivono, ma sopravvivono gli immigrati che stazionano in queste realtà, in assenza del riconoscimento dei loro diritti più elementari. Ne abbiamo parlato con Vittorio Agnoletto.

Durante la tua visita al Cie che accoglie gli immigrati irregolari cosa hai visto?

Quello che ho osservato è qualcosa di sconvolgente, perché neanche le bestie sono trattate in questo modo. Del resto stiamo parlando di 974 persone rinchiuse in una struttura originariamente prevista per 300, con stanze di 20 metri quadrati dove dormono 18 esseri umani stipati in 6 cuccette di 2 posti letto, mentre altri 6 giacigli sono ricavati da brandelli di gommapiuma gettati per terra. Senza lenzuola e coperte. Con tanfo e olezzo diffuso in ogni ambiente. Una situazione tremenda, dove i bagni non sono adeguatamente funzionanti, dove camminando nei corridoi e nelle stanze ci si imbatte in tutto, dalla plastica al cibo.Dal punto di vista igienico sanitario usare l'aggettivo fatiscente è eufemistico.Una condizione dunque drammatica...Si, ti faccio l'esempio del pasto. Il cibo, una volta che è stato consegnato e quindi ritirato dal migrante, viene consumato nella cuccetta cercando di evitare che cada addosso alla persona che è seduta nel letto di sotto. Non hanno una sedia o un tavolo dove poter mangiare. Non c'è nulla di nulla.

Perché si è creata questa condizione disumana?

Il centro era una struttura di accoglienza dove i migranti sarebbero dovuti rimanere alcuni giorni prima di avere destinazioni diverse a seconda delle loro condizioni giuridiche: i richiedenti asilo in realtà apposite, i minori in altre ancora, perché ciascuna situazione venisse analizzata e affrontata in modo specifico. Adesso è un centro di identificazione e espulsione, con il risultato che le persone rimangono lì senza essere registrate per poter procedere, secondo l'obiettivo del governo, ai rimpatri collettivi, soprattutto verso la Tunisia e Egitto, dato che la stradande maggioranza di questo popolo migrante rinchiuso a Lampedusa proviene da questi paesi con cui l'Italia ha rapporti bilaterali (penso alla Tunisia in particolare). La logica dell'esecutivo è infatti quella di cercare di identificare gli stranieri per poi organizzare viaggi collettivi che li riportino negli stati di provenienza.

La trasformazione da Cpta a Cie dunque ha prodotto questa condizione di sovrapopolamento dei migranti?

Certo perché implica una permanenza prolungata nella struttura. Alcuni degli immigrati, poi, sono arrivati nell'isola tra il 27 e il 29 dicembre (primo sbarco), oppure il 9 gennaio (secondo sbarco), ma il documento di convalida è datato 29 gennaio, il che significa che il tempo di 60 giorni previsto dalla legge italiana per il loro trattenimento sarebbe conteggiato a partire da quella data, proprio a causa di un ritardo burocratico dovuto alla trasformazione della natura giuridica della struttura, da Cpta a Cie appunto. La conseguenza è che gli stranieri rischiano di vivere lì fino a 100 giorni. Spesso sono anche minori o persone che avrebbero avuto diritto al ricongiungimento familiare.

Dunque è infranto il diritto?

Si perché non viene rispettato il termine di 60 giorni di trattenimento stabilito dalla legge italiana, ma anche il quadro normativo extranazionale. Per quanto riguarda infatti le convenzioni internazionali si replica il loro non rispetto, soprattutto in relazione ai richiedenti asilo: sull'isola non ci sono né avvocati né magistrati per poter procedere all'iter di richiesta dello status o per poter realizzare un ricorso in caso di opposizione. Abbiamo raccolto con i nostri avvocati, quando abbiamo visitato il Cie, oltre 30 richieste che erano rimaste inevase. C'è poi una discriminazione nella discriminazione: i richiedenti asilo tunisini, infatti, vengono trattenuti nel Cie ed ignorati, mentre quelli che provengono da altre zone, ma anche donne e bambini, circa 30 persone partite da paesi con cui l'Italia non ha accordi bilaterali, sono stati trasferiti in una altra struttura più piccola, il Loran, per il rimpatrio immediato. Il Loran lede i loro diritti perché nel momento in cui i richiedenti asilo avanzano la domanda, avrebbero riconosciuta la possibilità di muoversi, mentre sono trattenuti di fatto in questa struttura.

Nei mesi passati l'amministrazione locale e la popolazione si è opposta al piano Maroni nell'isola, saldando il proprio dissenso con quello dei migranti. Una strada e rara solidarietà, non trovi?

Durante la visita abbiamo tenuto diversi incontri con l'amministrazione locale, con il sindaco e con la popolazione, registrando il loro accordo a che Lampedusa abbia un centro di accoglienza dove gli stranieri siano ricevuti, ma per un tempo determinato e breve, oltre che in condizioni dignitose. Ciò che avversano è che esso sia trasformato, come fatto da Maroni, in un centro stabile. A preoccuparli, inoltre, è la voce che circola con insistenza e che vorrebbe il ministero della Difesa e dell'Interno disponibili ad acquistare terreni intorno al Loran per creare altre strutture col rischio di militarizzare l'isola, oltre il 20% di essa. Oggi Lampedusa, che vanta circa 6 mila abitanti, accoglie 1000 immigrati rinchiusi e oltre 1000 esponenti delle forze dell'ordine. C'è un problema di militarizzazione del territorio che porta ad episodi come quello verificatosi proprio mentre eravamo in visita a Lampedusa e che ha avuto come protagonista un ragazzo del luogo che, scambiato per un migrante, è stato picchiato tanto da essere ricoverato a Palermo per una frattura del braccio. C'è poi un problema economico: i lampedusani temono che questa situazione dell'immigrazione, così come è attualmente gestita, comprometta la stagione estiva, cioè scoraggi la presenza turistica con ricadute economiche pesanti. La trasformazione di Lampedusa in una nuova Asinara insomma angoscia la popolazione locale e la sua amministrazione per queste due ragioni: lo stravolgimento della propria vita in una crescente militarizzazione e la compromissione delle potenzialità economico-turistiche del posto. In questo senso allora si crea una convergenza fra questi due soggetti, che però non colpisce lo spirito della popolazione, che ha sviluppato una cultura dell'accoglienza che credo sincera.

Questa delegazione a cui hai partecipato come intende muoversi ora?

Nei prossimi giorni noi parlamentari che abbiamo visitato Lampedusa incontreremo il commissario Barrot, che ha già dichiarato la sua volontà di visitare l'isola. E' chiaro che una visita annunciata di un rappresentate comunitario spingerà ad accelerare gli allontanamenti per non lasciare che trovi una struttura sovraffollata, oppure porterà ad apportare migliorie per evitare che sia visibile la condizione che fino ad oggi caratterizza la vita dei migranti nelle strutture isolane. E' infatti difficile che Barrot possa giungere a Lampedusa con un blitz, senza avvisare le autorità, perché esiste anche un problema di relazioni dell'Ue con il nostro esecutivo. Comunque ha promesso di venire. Le direttive europee e l'accordo europeo sui richiedenti asilo sono due vulnus sui cui l'Europa può intervenire per ripristinare lo stato di diritto, oltre che sulle condizioni igienico sanitarie, in relazione alle quali non posso che rinnovare l'allarme. Sulle leggi che riguardano i migranti che non hanno permesso di soggiorno, la questione è diversa e un intervento comunitario non è possibile perché afferiscono alla gestione nazionale.

Cosa pensano in Europa della situazione che i migranti vivono a Lampedusa nelle strutture che dovrebbero accoglierli?

Gli altri parlamentari che hanno visitato il Cie o il Loran con me hanno detto che in nessuna delle loro nazioni la condizione pratica, reale dei migranti è come quella che vivono da noi in Italia. Il che prescinde dalle politiche dell'immigrazione che essi hanno e sui cui magari posso anche personalmente avanzare critiche. Il punto è che non si può consentire che esseri umani siano costretti a vivere in tali condizioni di degrado materiale, oltre che nell'assenza di diritti. Particolarmente critica, poi, è la condizione sanitaria che rischia di peggiorare drammaticamente nei mesi estivi, quando il caldo sarà un fattore aggravante per la possibilità di epidemia. Non lo dico per fare allarmismo, ma per evitare che ciò accada.

Cosa deve fare il governo per rispondere a questa emergenza?

Il centro di Lampedusa deve tornare ad essere una struttura di accoglienza e non di identificazione e espulsione. Poi le vicende degli stranieri devono essere affrontate caso per caso perché ognuno sia instradato sul suo specifico cammino, quello che gli spetta secondo il diritto. Procedere a rimpatri forzati di massa è inaccettabile. Questo è ciò che sarebbe opportuno fare almeno stando nel quadro della legislazione attuale, che pure contesto. Perché è proprio quest'ultima che andrebbe, a livello generale, cambiata per una gestione diversa della immigrazione. Per un'altra politica dell'immigrazione.






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