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Diritti in Turchia: le "belle parole" dell'Unione europea



LAVORI IN CORSO - EUROPA IN MOVIMENTO n.3

Da una parte le continue rassicurazioni sulle garanzie democratiche fornite da Istanbul nel processo di annessione all'UE, dall'altra la realtà e i numerosi episodi di violazione delle libertà fondamentali. È il caso di Mehmet Tahran, attivista gay, in galera dallo scorso aprile perché obiettore di coscienza.

L'Unione europea e i suoi rappresentanti, a tutti i livelli, garantiscono i passi in avanti che la Turchia starebbe facendo sul piano dei diritti umani e delle libertà. L'entrata di questo Paese nell'UE - a quanto risulta dalle dichiarazioni ufficiali - non potrà prescindere dal rispetto dei principi democratici che accomunano tutti e 25 gli stati già facenti parte dell'Unione.
Peccato che la realtà dei fatti non corrisponda affatto alla "teoria". Ne è la prova l'eclatante caso di Mehmet Tahran, cittadino turco, attivista gay, in carcere dall'8 aprile del 2005 per essersi rifiutato di prestare il servizio militare obbligatorio nelle forze armate del suo Paese. Da allora centinaia di persone si sono mobilitate per chiederne la scarcerazione, creando una vera e propria rete di solidarietà intorno a questo ragazzo.
L'obiezione di coscienza, va ricordato, è un diritto fondamentale della persona, tutelato dall'Unione europea. Invece il signor Tahran, che rifiuta il servizio militare anche per evitare di essere mandato nella regione curda a sparare contro civili, è detenuto ed è stato vittima di torture e sevizie in carcere, anche da parte delle autorità legali che amministrano la struttura.
Per questo, ho presentato ben tre interrogazioni al Parlamento europeo. Ebbene, nell'ultima risposta, si legge che nell'ambito del processo di riforma turco, in vista dell'allargamento dell'UE, la Turchia «in particolare dovrebbe consolidare e ampliare la legislazione e le misure di attuazione in numerosi settori», e ancora più genericamente, che «nel nuovo partnerariato per l'adesione recentemente proposto dalla Commissione, la Turchia è invitata ad adottare e attuare disposizioni concernenti l'esercizio della libertà di pensiero, coscienza e religione. Sono settori prioritari anche l'eliminazione della tortura e dei maltrattamenti, nonché il miglioramento delle condizioni di detenzione, in merito ai quali ci si aspetta che la Turchia compia importanti progressi nel processo di riforma».
Dietro tali ridondanti e scontate affermazioni si nasconde l'immobilismo dell'UE relativamente al campo dei diritti umani nella penisola anatolica, quella stessa Unione fin troppo attiva nel cercare di realizzare al meglio i propri interessi commerciali ed industriali con la Turchia.
Proprio per obbligare l'UE a chiedere conto a Istanbul degli episodi di violazione delle libertà individuali e allo stesso tempo dare nuovo slancio alla mobilitazione popolare, d'accordo con le associazioni turche per i diritti umani, stiamo cercando di organizzare una missione parlamentare, durante la quale incontrare direttamente Mehmet Tahran in carcere e altre persone detenute per reati di opinione.






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