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Impronte digitali, il colpevole silenzio dell'Italia



Comunicato stampa di Vittorio Agnoletto e Giusto Catania


«Di fronte alle proteste che la schedatura dei Rom ha sollevato in tutta Europa, il governo italiano, per giustificare quel provvedimento, in data 1 agosto 2008, aveva garantito all'Ue il rispetto delle direttive comunitarie e delle convenzioni internazionali.
La realtà è che, ad oggi, la Commissione europea, nonostante diverse sollecitazioni, non è ancora riuscita a sapere come e perché fu fatta quell'operazione e dove sono finiti i dati raccolti dalle autorità italiane».
Così Vittorio Agnoletto e Giusto Catania, eurodeputati Prc/Sinistra europea, sintetizzano il contenuto della risposta data oggi dal commissario Jacques Barrot ad un'interrogazione da loro presentata insieme ad altri parlamentari europei, tra i quali gli italiani Marco Cappato e Monica Frassoni, in merito alla raccolta delle impronte dei cittadini di origine Rom.
«Il governo italiano - spiegano gli europarlamentari del Prc/Sinistra europea - all'epoca dei fatti aveva garantito alla Commissione Ue di far riferimento a linee-guida che «non autorizzano la raccolta di dati relativi all'origine etnica o alla religione» e che «Il rilevamento delle impronte è soggetto a condizioni rigorose, solo a fini di identificazione, e come estrema risorsa, anche per i minori, quando l'identificazione non è possibile con altri mezzi». Il Commissario Barrot aveva comunque sottolineato di aver «personalmente insistito sul fatto che l'identificazione debba avvenire nello stretto rispetto dello spirito delle linee direttrici».
Ma la Commissione ha fatto presente, nonostante abbia fatto una formale richiesta, di non aver «ancora ricevuto dalle autorità italiane le informazioni richieste relative agli sviluppo, ai risultati finali e alle conclusioni dell'operazione di identificazione svolta nei campi nomadi», tanto che «il 9 gennaio 2009 la Commissione ha chiesto nuovamente alle autorità italiane le informazioni di cui sopra, insieme a una relazione sull'osservanza della normativa italiana relativa alla protezione dei dati nel trattamento dei dati personali durante le operazioni di identificazione».
Chiunque ha assistito alla schedatura dei Rom - concludono Agnoletto e Catania - sa bene che nessuno dei criteri indicati dalle linee-guida è stato rispettato. Mai come in questo caso il silenzio del governo italiano è un'evidente ammissione di colpa».




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