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Il vero nemico non sono i cinesi, ma il WTO



Il manifesto

L'assenza di qualunque strategia comunitaria é apparsa evidente nell’incontro svoltosi ieri a Bruxelles, al Parlamento Europeo, tra il commissario Peter Mandelson e la commissione parlamentare sul commercio estero. L'unica proposta avanzata dal commissario (e non ancora approvata dai 25 governi dell'Unione) é stata quella di autorizzare, in via straordinaria, lo sblocco della merce che si é accumulata alle frontiere "per evitare pesanti conseguenze per i piccoli venditori al dettaglio e per i cittadini che altrimenti sarebbero costretti a pagare prezzi molto piu' elevati per i loro acquisti." L'autorizzazione all'entrata riguarderebbe un totale di circa 50 milioni di capi di abbigliamento, acquistati attraverso dei contratti firmati prima dell'accordo di Shangai dello scorso giugno.
Accordo che, a poco piu' di due mesi di distanza, appare già inutilizzabile anche a causa del comportamento schizofrenico di alcuni governi, primo fra tutti quello italiano. Infatti, secondo quanto riferito dal commissario europeo, il nostro esecutivo, subito dopo aver chiesto l'adozione di misure protezionistiche, ha inspiegabilmente autorizzato, nel periodo intercorrente tra la firma di Shangai e l'emanazione del regolamento attuativo, numerose ulteriori  importazioni.
    Mandelson si é duramente cimentato, senza successo, nell'impossibile tentativo di difendere contemporaneamente il dogma economico del liberismo e gli interessi dei grandi produttori europei, la tutela degli attuali livelli occupazionali e il potere d'acquisto dei consumatori, terminando con una sconcertante, quanto esplicita ammissione d'impotenza: "La Cina ha un obbligo politico e morale di trovare una soluzione!"
Affermazione che potrebbe molto bene coniugarsi con il famoso detto: "chi é causa del proprio mal pianga se stesso".
Infatti per dieci anni l'UE e gli USA hanno guidato le trattative per l'entrata della Cina nel OMC e imposto a Pechino il rispetto delle regole del liberismo e la cancellazione di ogni forma di protezionismo. Esattamente quello di cui  l'UE oggi si lamenta.
Il liberismo selvaggio é d’altra parte la stessa ricetta che l'Europa  applica rigidamente ai Paesi africani. Attraverso gli EPA (Economic Partnership Agreements – Accordi di cooperazione economica) é infatti stato loro imposto di gareggiare alla pari (rinunciando a qualunque misura di difesa dei loro prodotti) con l'Unione Europea. Risultato: distruzione di ogni mercato nascente attraverso l'invasione dei nostri prodotti agricoli, dei nostri polli congelati e del cotone USA, tutte categorie merceologiche fortemente sostenute da sovvenzioni pubbliche. Nella piu' totale indifferenza, abbiamo cancellato milioni di posti di lavoro nella regione centrafricana.
Forse sarebbe stato sufficiente ricordarsi in tempo l'autorevole massima:  non fare agli altri quello che non vorresti che fosse fatto a te.
L'UE ha ritenuto invece di poter prolungare una situazione d'ingiustizia strutturale pensando che avrebbe sempre interpretato il ruolo del piu' forte. Ma cosi' non é.
Spesso nei giochi i ruoli s'invertono e se a nessuno piace trovarsi nel ruolo del perdente forse é opportuno comprendere che sono le regole del gioco che devono essere cambiate.
Infatti prima ancora che con la Cina, la sfida é con le politiche liberiste dell'Organizzazione Mondiale  del Commercio. Ed é una sfida che non ha alternative; l'unica scelta possibile è quella di modificare complessivamente le regole degli scambi internazionali, rifiutare totalmente la logica dell’OMC e contrapporvi un nuovo modello economico fondato su principi di equità, di mutuo rispetto e di riequilibrio nelle relazioni Nord/Sud e tra multinazionali e consumatori. Altrimenti, non solo, non vi sarà alcuna soluzione per il settore tessile ma nel futuro si moltiplicheranno situazioni simili in numerosi comparti produttivi.






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