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Crisi, l'errore dei leader liberisti



La Stampa

La Borsa di New York - da Rainews24
Mi rivolgo ai leader economici, culturali e politici del nostro Paese, e attraverso di voi alle leadership del mondo occidentale. Chiedete scusa. Avevate torto e i vostri errori ci hanno reso tutti più poveri, ma alcuni più di altri.Quando da anni, in tutto il mondo, nei Social Forum, nei movimenti, nelle università, nei sindacati, in migliaia elaboravamo proposte competenti per affrontare le più svariate emergenze del pianeta, ci descrivevate come utopisti, statalisti, nemici del progresso. Quando contrastavamo l'autonomizzazione dei mercati finanziari dall'economia reale, la delocalizzazione selvaggia della produzione, quando rivendicavamo a istituzioni elette democraticamente il diritto d'intervenire con un ruolo regolatore sulla volatilità del mercato voi esaltavate la capacità di autoregolazione del mercato e la necessità di liberarlo dai "lacciuoli" dello Stato. Oggi le vostre stesse decisioni ci danno ragione. Anche se non lo ammetterete mai.
Per evitare il crollo del sistema finanziario e il congelamento del mercato del credito, che rischiano di coinvolgere l'insieme delle attività economiche, le autorità statunitensi hanno proposto che la finanza pubblica, cioè il contribuente, riscatti i crediti bancari problematici fino a un tetto di 700 miliardi di dollari e un senatore americano ha parlato di «socialismo finanziario». In Gran Bretagna e in Francia si parla di «nazionalizzazione» delle banche, mentre in Italia Berlusconi annuncia «aiuti di Stato» per le industrie in difficoltà e la presidente di Confindustria li pretende. Oggi non c'è commentatore politico che non esprima la sua condanna contro la straripante finanziarizzazione che danneggerebbe l'economia reale. Ma dove eravate in questi anni?Ricordo, per esempio, la sufficienza con cui veniva considerata la nostra proposta della Tobin tax, l'ipotesi cioè di una minima imposizione fiscale sulle operazioni speculative che servisse come strumento di regolazione dei mercati finanziari: se fosse stata applicata, sarebbe stata un utile strumento di limitazione dell'impatto dell'attuale crisi. Ma oggi non mostrate alcuna vergogna nello stravolgere le regole che fino a ieri avete decantato.Al tanto vituperato Stato chiedete di risanare le banche mandate in crisi dagli speculatori, usando denaro pubblico. Quei soldi non virtuali in qualche modo bisognerà procurarseli. E come? Tagliando la spesa (scuola, sanità, welfare...), aumentando il debito pubblico (e togliendo risorse all'economia reale), aumentando le tasse. Come mai si deroga così facilmente alle regole del liberismo, ai vincoli di Maastricht, per correre al capezzale della grande finanza, mentre ciò è «vietato» per difendere il welfare pubblico? Il lavoro degli insegnanti è veramente meno efficace, e quindi meno meritevole di attrarre risorse, del lavoro dei banchieri? Oggi servono risorse per sostenere i redditi e le pensioni, perché le conseguenze della crisi colpiscono innanzitutto i ceti popolari.
Servono cambiamenti strutturali che liberino la nostra quotidianità dai rischi della crescente finanziarizzazione e che pongano al centro la difesa dei sistemi pensionistici e dei beni comuni, come l'acqua, l'istruzione e la salute che devono essere accessibili a tutti e quindi sottratti alle logiche della privatizzazione e non sottoposti ai rischi della speculazione. Spero che questa drammatica crisi almeno ci insegni qualcosa per il futuro.«Un altro mondo è possibile» è lo slogan del popolo di Porto Alegre su cui in tanti avete ironizzato: ora,sappiamo che «un altro mondo è necessario». Il più presto possibile.


*già membro del Consiglio Internazionale del Forum Sociale Mondiale - europarlamentare PRC - Sinistra Europea






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