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Dalle Barbados verso Nairobi «Con l'Africa per fermare gli Epa»



Ué L'Europa in movimento - Inserto di Liberazione
di Roberta Mezzelani

Lo scorso novembre a Bridgetown, Barbados, si è tenuta l´Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE, che riunisce i deputati europei e i parlamentari provenienti dagli Stati di Africa, Caraibi e Pacifico.
Per il gruppo della Sinistra unitaria europea, era presente, in quanto membro dell´Assemblea, Vittorio Agnoletto.
Onorevole Agnoletto, l´Assemblea Parlamentare Paritetica degli Stati ACP e l´UE, non ha ricevuto finora la giusta attenzione, ma le decisioni che vi si prendono riguardano ben 78 Stati tra i paesi di Africa, Caraibi e Pacifico, per una popolazione che rappresenta il 12% di quella  globale. Ci può spiegare meglio?
 «L'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE è nata in seguito alla stipula dell’Accordo di Cotonou, per istituire una stretta cooperazione tra l'Unione europea e i paesi di Africa, Caraibi e Pacifico, per lo più accomunati dal fatto di essere ex colonie dei paesi europei. Per questo la sua struttura è ambigua, perché, formalmente, nasce per aiutare i paesi poveri allo sviluppo, nei fatti, invece, questi paesi risentono ancora molto della loro condizione e cercano di avere più protagonismo».
Uno dei temi principali affrontato alle Barbados è quello degli EPA, cioè gli  accordi di partenariato economico, attualmente in trattativa tra l´Unione Europea e i paesi di Africa, Caraibi e Pacifico.  Di che cosa si tratta ?
«Gli EPA sono accordi economici che nascono dall´imposizione dell´Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) di superare l´Accordo di Cotonou del 2000, che formalizzava una non specularità tra i paesi ACP e i paesi dell´Unione Europea e, riconoscendo la debolezza delle strutture economiche di questi paesi, permetteva loro di imporre delle misure protettive, come i dazi doganali. Formalmente gli EPA dovranno essere operativi a partire dal 1 gennaio 2008, ma ci stiamo battendo affinché questo termine venga prorogato e i contenuti degli EPA rivisti. L´ OMC ha imposto ai paesi poveri di superare i vecchi accordi verso altri basati su un liberismo selvaggio. E in tutto questo l´Unione Europea ha preso le sue parti».
Quali conseguenze porterebbe l´applicazione di questi accordi?
«Mentre l´Unione Europea continua a sostenere che questi accordi rappresentano un investimento allo sviluppo dei paesi poveri, nei fatti uno studio di proiezione effettuato per conto dell´Agenzia per lo Sviluppo delle Nazioni Unite, dimostra che, qualora gli EPA venissero applicati, il Burundi , tanto per citare un esempio, perderebbe 19 milioni di dollari in un solo anno, cifra che equivale al 3% del suo prodotto interno lordo. Questa situazione è più o meno simile anche per gli altri paesi. In pratica l´abolizione dei dazi doganali, uno dei punti più critici delle trattative in corso, comporterebbe la perdita di introiti essenziali alla sopravvivenza delle strutture non solo economiche, ma anche sociali e sanitarie, dei paesi poveri, che notamente reinvestono parte di questi proventi nella spesa pubblica.  Si capisce quindi che il danno per i paesi ACP sarà enorme, e il vantaggio andrà tutto a favore delle grandi compagnie di esportazione europee. Cosi come sono stati concepiti, gli EPA porteranno al crollo dell´economia già debole dei paesi poveri, in particolare di quelli africani, che, come si sa, non riusciranno a raggiungere nessuno degli otto Obiettivi del Millennio entro il termine previsto del 2015».
I movimenti africani, presenti alle Barbados, hanno criticato aspramente il decimo Fondo Europeo di Sviluppo: perché?
«Il fondo europeo di sviluppo (FES) rappresenta lo strumento principale degli aiuti comunitari per la cooperazione allo sviluppo con gli Stati ACP. Il decimo FES, che stanzia aiuti per il periodo 2008-2013, prevede in realtà pochissimi finanziamenti destinati a sanità, istruzione e servizi sociali. Quindi la posizione dei movimenti africani è comprensibile, tanto più che il nuovo Fondo prevede che questi aiuti siano maggiormente vincolati alla costruzione di infrastrutture. Fatto che naturalmente andrà a vantaggio, ancora una volta, delle grandi aziende europee, innescando in questo modo un circolo vizioso economico per cui l´Europa concederà aiuti, per poi vederseli tornare indietro attraverso l´attribuzione inevitabile degli appalti alle proprie imprese costruttrici».
Ci si può aspettare una collaborazione tra i movimenti africani e europei?
«Un´alleanza tra i movimenti africani e europei è più che mai necessaria, ma che non si fermi a pure opere di solidarietà. Di fatto i finanziamenti agricoli europei per l´esportazione non hanno danneggiato solo i paesi poveri, ma anche i piccoli e medi produttori europei.  Quindi c´è una reale base materiale su cui lavorare insieme. Ci vuole un impegno forte e attivo perché qualsiasi progetto sarà inutile, se le regole dell´OMC saranno applicate. Ai movimenti spetta una grande responsabilità nel fare pressione verso i propri governi, perché si impongano con più forza per modificare i termini degli EPA. Non è un caso che gli EPA saranno un tema centrale al Forum Sociale Mondiale che si terrà dal 21 al 25 gennaio a Nairobi, in Kenia,  a cui prenderò parte. »
Qual è la posizione dei governi dei paesi ACP ?
«La dichiarazione Abuja del 2001 impegnava le nazioni africane a investire il quindici per cento della spesa pubblica a favore della sanità. Nello stesso anno, l´Organizzazione Mondiale della Sanità chiedeva ai donatori internazionali di incrementare le loro donazioni o contributi a favore del settore sanitario. Cinque anni dopo, i due terzi dei paesi africani impiegano ancora meno del dieci per cento della loro spesa pubblica per la sanità, mentre in alcuni paesi è aumentata la spesa per l´acquisto di armi. Il problema è complesso, perché, se da un lato spingiamo per ottenere maggiori finanziamenti europei verso i settori sociali, dall´altro, ci troviamo di fronte ad un muro delle élites che governano i paesi africani e che non vogliono mettere le esigenze della loro popolazione al primo posto. Alla fine dei quattro giorni di Bridgetown, l´Assemblea doveva votare una mozione sulla situazione dell´Africa dell´Est, che cercava di suggerire un percorso di soluzione diplomatica per la vicenda della Somalia e che criticava pesantemente l´Etiopia, per l´incarcerazione di diversi leader dell´opposizione e il Sudan, per la questione del Darfur. La mozione si differenziava nettamente dalla posizione degli Stati Uniti, che invece stanno spingendo esplicitamente l´Etiopia allo scontro con la Somalia, cercando di riprodurre anche nel corno africano uno scontro di civiltà e di religione ».
Cos´è successo?
«Non è passata. Tutti gli Stati africani hanno votato contro. Per il principio che ognuno in casa sua è libero di fare quel che vuole, ora e in futuro, calpestando di fatto ogni principio di diritto e di democrazia»
Quali obiettivi concreti avete raggiunto alle Barbados?
Nonostante forti pressioni del PPE, il partito della destra al Parlamento Europeo e i ricatti, anche economici, esercitati da alcuni governi dei paesi europei nei confronti dei paesi africani, abbiamo approvato una risoluzione molto critica nei confronti degli EPA, che rifiuta la scadenza imperativa del 1 gennaio 2008 e che chiede all´Unione Europea di agire insieme ai paesi ACP per modificare le regole dell´OMC, che in nome del liberismo avvantaggiano le grandi imprese, facendosi beffa delle piccole realtà locali, vero fondamento dell´economia dei paesi del Sud.
Note positive?
«L’approvazione, a grande maggioranza, di una risoluzione che ribadisce che l’acqua è un bene pubblico, che include gli emendamenti presentati dal nostro gruppo al Parlamento Europeo, impostosi contro ogni forma di privatizzazione dell’oro blu».






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