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La riforma della Banca Mondiale



LAVORI IN CORSO - EUROPA IN MOVIMENTO n.35

Il movimento non è il solo a puntare il dito contro la Banca mondiale, rea di perpetrare il modello neoliberista che affama il Sud del mondo. Anche l’europarlamento vorrebbe da tempo intervenire sulle prese di posizione dell’organismo diretto da Paul Wolfowitz, come avviene per la Commissione europea. Ecco allora come hanno risposto a tal proposito i suoi strapagati manager…

Da tempo il Parlamento Europeo chiede di essere maggiormente coinvolto nelle decisioni prese in seno alla Banca mondiale (BM). Mentre la Commissione Europea, che è espressione dei governi dell’Unione, partecipa alle riunioni settimanali del suo Consiglio di Amministrazione, il Parlamento, unico organismo europeo eletto e trasversale, non ha infatti il potere di intervenire in nessun modo. Nei giorni scorsi, anche per risolvere questa situazione, l’europarlamento ha ospitato un incontro con un gruppo di direttori esecutivi della BM. I quali hanno anzitutto sottolineato come esista maggiore cooperazione tra l’organismo che rappresentano e l’Europa, rispetto al rapporto instaurato dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) con l’UE. I direttori esecutivi hanno snocciolato una quarantina di dichiarazioni della Banca sostenute, negli ultimi anni, anche dalla Commissione Europea, mentre nessun passo avanti, invece, sarebbe stato fatto in termini di cooperazione, a detta dei leader della BM, tra l'Europa e il FMI.
Ma questa risposta è ovviamente ben poco consolatoria per i parlamentari europei, che, nei fatti, si vedono del tutto esclusi da qualsiasi forma di collaborazione, sia con l'uno che con l'altro ente.
Eppure, il possibile apporto del Parlamento non è da sottovalutare. Non si tratterebbe, infatti, solo di cooperazione in termini tecnici e finanziari, bensì di un contributo per la modifica delle politiche della Banca Mondiale. Ovvero un piccolo passo dalla parte del movimento altermondialista, che da sempre chiede una radicale riforma di questi enti sovranazionali, principali colpevoli dell’attuale distorsione della globalizzazione, a danno delle popolazioni dei Paesi più poveri (e a grande vantaggio proprio di quella che chiamo «triade del male», composta da BM, FMI e Organizzazione mondiale del Commercio).
Da più parti, si chiede, tra l’altro, che il programma ambientale della BM, che continua a fornire prestiti a progetti dal devastante impatto ecologico e sociale, venga cambiato sostanzialmente, a favore delle fonti rinnovabili.
Non bisogna poi dimenticare che l'obiettivo istituzionale della Banca Mondiale è (sarebbe?) quello di «ridurre la povertà e migliorare gli standard di vita promuovendo lo sviluppo sostenibile e gli investimenti nella popolazione».
A questo proposito, pochi giorni fa, l’Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di questioni legate allo sviluppo ha reso pubblico un rapporto in cui evidenzia come le privatizzazioni e le riforme del settore pubblico nell’Africa Sub-Sahariana abbiano clamorosamente fallito il loro obiettivo di riduzione dell’indigenza. Non ci sono stati, infatti, progressi nel campo della gestione delle risorse idriche e della produzione di energia elettrica. Gli investitori privati, su cui tanto contavano Banca Mondiale e FMI, non sono arrivati così numerosi come sperato, penalizzando Paesi che ora sono sempre più lontani dal conseguimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. Una denuncia e una forte critica al neoliberismo che è risuonata con forza anche al Forum sociale mondiale di Nairobi, proprio a partire dal popolo africano, prima vittima delle ingiustizie causate da questo modello.

 






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