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Tutto l'inumano di Bolzaneto



Il manifesto

Tortura: si trattò di questo alla caserma di Bolzaneto, quando, nel luglio 2001 più di 200 persone furono vittime delle violenze psicologiche e fisiche commesse da rappresentanti delle forze dell’ordine e dal personale medico. Il dramma di quelle “giornate cilene” è diventato oggi, con la fine della requisitoria al processo e le richieste dei pm, un paradosso. Perché l’Italia, dal 1984 fino al 2001, non ha recepito la Convenzione Onu contro la tortura: i pm non hanno potuto per tanto contestare il reato di tortura ma “solo” l’abuso di ufficio e di autorità alla maggior parte degli imputati al processo.

Nel caso in cui le accuse fossero confermate, dunque, i rappresentanti dello Stato che hanno picchiato, umiliato, torturato andrebbero incontro a delle pene irrisorie, che non sconteranno mai, perché i reati loro contestati saranno prescritti nel 2009, grazie alla modifica della prescrizione contenuta nella legge “ex Cirielli”.

Resta il fatto che i magistrati hanno individuato responsabilità individuali ma un’illegalità così diffusa non sarebbe stata possibile senza la garanzia dell'impunità. Per questo è corretto affermare che nella lista delle persone per le quali i pm hanno chiesto la condanna mancano i nomi dei vertici della polizia e della polizia penitenziaria: senza il loro assenso non sarebbe stata possibile alcuna tortura.

Forse De Gennaro finirà sotto processo per induzione e istigazione alla falsa testimonianza nel processo relativo alla mattanza della Diaz ma nel frattempo è ancora capogabinetto del ministero dell'Interno (anche se in temporanea libera uscita a Napoli per l'emergenza rifiuti) e tutti coloro che a Genova erano responsabili dell'ordine pubblico sono stati promossi.

Di fronte a quanto oggi rimbalza da Genova non c’è dubbio che la vera sconfitta sia la politica, almeno quella istituzionale. Una destra che, attraverso l’impunità garantita alle forze dell'ordine e con la modifica della prescrizione, cerca di nascondere ogni sua colpa nella gestione di quella feroce repressione. Un centro, il PD, che non vede l'ora di chiudere questa vicenda, nel timore di essere chiamato a rispondere di alcune scelte che lo videro protagonista: ospitare il G8 a Genova, le pratiche di addestramento delle forze dell'ordine, la repressione del marzo 2001 a Napoli. Una catena di responsabilità che non si è ancora chiusa, considerata la sciagurata scelta di ospitare il prossimo G8 alla Maddalena (con il rischio che anche questa volta lo gestisca Berlusconi).

Ma anche la sinistra, che pure a Genova aveva condiviso il percorso politico del movimento, e ne aveva tratto una nuova spinta politica e culturale, è parsa silenziosa o quanto meno si è limitata ad una protesta poco più che formale di fronte alle scelte del governo Prodi, come le promozioni per i funzionari indagati e la decisione di ospitare il prossimo vertice in Sardegna.

Forse sarebbe stato necessario un po’ più di coraggio.

Nessuno passerà un solo giorno in carcere, è vero, ma oggi abbiamo almeno la speranza che tra qualche mese la verità storica possa essere confermata anche in un’aula di tribunale.

Se pensiamo alla storia italiana del dopoguerra, costellata di stragi e di morti “accidentali”, senza alcun colpevole, questo sarebbe già un passo avanti.






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