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Viaggio dentro San Vittore



Il manifesto

Credevamo che i manicomi non esistessero più. Purtroppo ho constatato che invece uno esiste, ed è a Milano: sto parlando del Centro di osservazione neuropsichiatrica (CONP) del carcere di San Vittore, che ho visitato ieri mattina, 14 febbraio, nell’ambito della campagna «Il sole a scacchi», che mi porterà nei prossimi mesi a visitare penitenziari, ospedali psichiatrici giudiziari e centri di permanenza temporanea.  Insieme a me sono entrate a San Vittore Alessandra Naldi dell’associazione Antigone e Annamaria Cavenaghi del Naga.

Il CONP è uno spazio, situato al primo piano del così detto settimo raggio, che comprende il centro clinico del penitenziario, ed accoglie 16 detenuti. Persone affette da patologie psichiatriche, depressive e quindi a rischio di episodi di autolesionismo, che vivono in condizioni pessime: muri scrostati, intonaco cadente, finestre rotte, addirittura assenza di riscaldamento nelle stanze. Nel reparto , seppur saltuariamente,  è praticato il contenimento, esattamente come nei manicomi del pre-Basaglia. Il CONP del carcere circondariale è un girone dell’Inferno dantesco.  Sempre nel centro clinico, nei piani superiori  abbiamo incontrato persone dalle situazioni a dir poco drammatiche: come un trentacinquenne, senza un rene, senza il retto, affetto da osteoporosi e da altri problemi, ex dipendente da stupefacenti che,  se continuerà a vivere nello spazio che ho appena descritto, è in buona sostanza condannato a morte. Il centro clinico di San Vittore è un ambiente inumano: andrebbe chiuso subito.

Tuttavia,  pur in presenza di problemi cronici  e irrisolti, qualche passo in avanti negli ultimi anni si è verificato anche a S.Vittore. I farmaci, ad esempio, oggi sono accessibili a tutti i detenuti, al contrario di quanto avevo constatato solo pochi anni fa. Resta, costante, la questione gravissima del sovraffollamento: 1409 detenuti per poco più di un migliaio di posti, a fronte di 40 nuovi ingressi ogni giorno. L’indulto ha avuto un effetto importante nell’agosto 2006: sono usciti circa 450 detenuti; di questi ad oggi ne sono rientrati per recidiva circa il 10 per cento. Si tratta, come ci ha spiegato la direttrice del carcere, Gloria Manzella, di un numero assolutamente in linea con le statistiche relative ai casi di recidiva nell'insieme della popolazione penitenziaria.

Ma l’alto numero di nuovi detenuti rischia di annullare, in buona sostanza, le conseguenze positive del provvedimento. Uno dei motivi è la legge sull’immigrazione. Oltre il 10 per cento dei detenuti stranieri, su ammissione della stessa direttrice del carcere, è composta da persone che non hanno rispettato il decreto di espulsione. Non hanno commesso alcun altro reato, solo non sono riuscite, grazie alla vergognosa Bossi-Fini, ad entrare nella dimensione della legalità.

Oltre a tutto ciò, altre “solite” carenze strutturali: manca il personale amministrativo, quello pedagogico, gli educatori, i mediatori linguistici e culturali.

Il piccolo emporio all’interno del carcere, poi, ha prezzi altissimi: 4,5 euro per le sigarette e fino a 3 euro per un chilo di riso.

Questo è S.Vittore, oggi.  In una città sempre più indifferente, con istituzioni locali che cancellano le convenzioni con associazioni che da anni operano in carcere, nel silenzio quasi totale del mondo politico e di gran parte della società civile.






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