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Molto bene i diritti individuali, alcuni limiti su quelli collettivi



Sulla Carta Europea dei Diritti fondamentali

Agnoletto: «MOLTO BENE I DIRITTI INDIVIDUALI, ALCUNI  LIMITI NEI DIRITTI COLLETTIVI.
RICOMPARE LA DESTRA FASCISTA.
ERRORE POLITICO DI ALCUNI DEPUTATI DELLA SINISTRA»

 

Strasburgo, 12 dicembre 2007 - «L'estrema destra, con la vergognosa gazzarra realizzata oggi in Parlamento, ha mostrato ancora una volta il disprezzo che nutre verso i diritti umani e le convenzioni internazionali: oggi a Strasburgo si é mostrata la faccia dell'intolleranza fascista tipica di alcuni gruppi della destra europea.

È stato un grave errore politico - prosegue Agnoletto, coordinatore per il gruppo della Sinistra Europea nella commissione sui Diritti Umani - che alcuni parlamentari della sinistra abbiano confuso le loro legittime richieste di un referendum sul prossimo Trattato Europeo con la contestazione contro la Carta dei diritti da parte dell'estrema destra; un errore politico e di comunicazione.  

La Carta contiene importanti affermazioni sul rispetto dei diritti universali, estremamente attuali anche per l'Italia. Ad esempio, per gli immigrati, sono vietate le espulsioni collettive, e nessuno puó essere estradato verso Paesi ove rischi di essere sottoposto alla pena di morte, o a torture o a trattamenti inumani; la libertà di circolazione e soggiorno deve essere garantita ad ogni cittadino comunitario, senza nessun vincolo di reddito (i sindaci leghisti farebbero bene a studiarsi la Carta!) e tali libertà di soggiorno e di circolazione possono essere accordate anche ai cittadini extracomunitari.

Inoltre é vietata qualunque discriminazione fondata sull'orientamento sessuale (una copia della Carta andrà regalata anche alla Binetti e a Mastella) e deve essere garantita la parità di salario tra donne e uomini..

É invece decisamente insoddisfacente la tutela prevista nel campo del lavoro: si parla di un generico diritto a lavorare, anziché di un esplicito diritto al lavoro, e si afferma il diritto a contratti collettivi ma senza stabilire che questa prassi dovrebbe costituire la norma dei rapporti lavorativi».




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