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I brevetti software fra sovranità ed egemonia economica privata



Carta

Chi crede che i brevetti software aiutino a proteggere l'innovazione, forse non è bene informato. La conseguenza dei brevetti software non è la protezione dell'innovazione, ma il suo arresto, come sottolineato da Bill Gates nel 1991 in un documento interno alla Microsoft, quando diceva, "se la gente avesse capito come ottenere brevetti quando la maggior parte delle idee di oggi sono state concepite e li avesse ottenuti, oggi l'industria sarebbe completamente bloccata". Una linea di principio condivisa duecento anni prima proprio da Thomas Jefferson, quando nella sua lettera inviata a Isaac Mc Person nel 1813, scriveva "Le invenzioni non possono, in natura, essere soggette a proprietà. La società può conferire un diritto esclusivo per i profitti provenienti da esse a titolo di incoraggiamento per quegli uomini che perseguono idee con cui produrre utilità, ma questo può o meno essere dato, in accordo con il volere e la convenienza sociale, senza pretese o rivendicazioni da parte di nessuno".
Proprio il 7 Marzo scorso, il Consiglio europeo ha promosso la direttiva 2002/0047 che introduce la brevettabilità dei codici informatici, ignorando nettamente la volontà espressa dal Parlamento agli inizi di Febbraio, di far ripartire completamente da capo l'intero iter legislativo. Ora il testo é sottoposto all'europarlamento ed una sua approvazione permetterebbe di stabilire nei Paesi dell’Unione un nuovo regime di brevettabilità del software che consegnerebbe letteralmente il mercato alle grandi corporazioni multinazionali, annientando di fatto gli sviluppatori indipendenti e le piccole e medie imprese che lavorano nell’Information technology, impedendo allo stesso tempo, la ricerca libera nel settore. Inoltre, la direttiva appare anche in evidente contrasto con la convenzione europea dei brevetti, che impedisce che un programma, una teoria matematica o un’idea astratta possano essere brevettati.
Il software di norma incorpora letteralmente migliaia di idee astratte: in un regime di brevetti software, ognuna di queste sarebbe monopolizzabile e costituirebbe un limite invalicabile per i concorrenti. Proprio Bill Gates ha sostenuto anche che "una nuova impresa che non detiene brevetti propri sarà obbligata a pagare qualsiasi prezzo che i giganti del settore decideranno di imporre. Questo prezzo potrebbe essere alto: le imprese presenti sul mercato hanno tutto l'interesse ad escludere nuovi concorrenti".
In altre parole: i brevetti software sono uno strumento anti-concorrenziale, che rappresenta un peso per l'innovazione, un ostacolo la cui altezza può essere regolata a piacere per far inciampare imprese già affermate, come la Philips, ma anche, e soprattutto, nuovi innovatori.
Queste posizioni mostrano che i brevetti sul software sono inevitabilmente dei monopoli sulle idee astratte e, così, se Pitagora avesse scoperto il suo teorema al giorno d'oggi, in un regime di brevetti software, gli sarebbe sicuramente stato riconosciuto un monopolio legale su di esso, che lo avrebbe messo in grado di poter scegliere arbitrariamente le condizioni a cui gli altri possono usare la sua idea.
Infatti, a differenza del comune copyright, che protegge la descrizione dell'intero programma ma non le singole idee che lo compongono, la brevettabilità del software consentirebbe un monopolio sull'uso di tecniche generiche. Un programma complesso è la combinazione di migliaia di queste tecniche. E' logico allora, che se un paese permette la brevettabilità di ognuna di queste tecniche, un programma complesso può infrangere centinaia di brevetti in un colpo solo.
Facciamo un esempio pratico. Si consideri una comune "barra di socrrimento", la comune barra progressiva che tutti conosciamo, che gradualmente passa dallo 0% al 100% mostrando sullo schermo la realizzazione di una operazione, come l'apertura di una pagina web o lo scaricamento di un documento. Questa tecnica, ovviamente, è una piccola parte contenuta in migliaia di programmi software che svolgono differenti funzioni. Persino questa tecnica è stata brevettata all'Ufficio Europeo dei Brevetti, insieme ad altre 50.000, a dispetto dello stesso trattato costitutivo dell'Ufficio Europeo dei Brevetti ma, non ha assolutamente valore legale. Se invece, la Direttiva dell' Unione Europea dovesse dare un valore legale a questi brevetti, gli sviluppatori e gli utilizzatori di migliaia di programmi rischierebbero la minaccia di incriminazioni.
Le pressioni per la brevettabilità del software provengono principalmente dalle multinazionali dell'informatica. Esse vogliono la brevettabilità del software perché ognuna ne detiene migliaia negli USA e li vuole importare in Europa. Se l'Europa permetterà la brevettabilità del software le multinazionali (molte non europee) avranno uno strumento di controllo sull'uso del software in Europa.
I brevetti degli Stati Uniti riguardano soltanto ciò che è fatto negli Stati Uniti, ma qualunque persona (operante nel settore informatico appartenente a qualsiasi altra nazione al di fuori degli Stati Uniti) può ottenere un brevetto statunitense. Perciò, le compagnie europee possono avere brevetti statunitensi e attaccare gli sviluppatori americani. Ma attualmente gli Americani non possono avere brevetti software Europei e quindi attaccare gli Europei.
Un esempio coraggioso degno di nota, é costituito sicuramente dalla decisione del Parlamento indiano, che proprio agli inizi di questo mese ha deciso di archiviare, almeno per il momento, gli emendamenti ad una normativa sul copyright che avevano gettato sul paese lo scenario inquietante dell'introduzione dei brevetti software.
Con argomentazioni che potrebbero essere certamente riprese per spiegare le rilevantissime conseguenze che anche in Europa avrebbe l'introduzione di un sistema brevettuale sul software simile a quello americano, la fondazione del software libero indiana, spiega come "la libertà di sviluppo ci ha consentito di fornire localizzazione in lingua indiana per molti diversi software, espandendo la penetrazione dei computer alle masse". "In un mondo nel quale l'India sta emergendo con forza nel settore dell'Information Technology - continua la nota - una tale legge sarebbe stata disastrosa, portando alla monopolizzazione da parte di grandi corporation e alla chiusura di molte piccole realtà del software, con la perdita di posti di lavoro".

Per concludere, va sottolineato come la brevettabilità del software resta un interesse strategico per i grandi gruppi ai quali il brevetto permette di controllare l'intero fronte tecnologico, a danno delle piccole e medie imprese, dell'innovazione e dell'economia e, se ci pensiamo bene, a danno della sovranità stessa degli stati. Costituisce un interesse strategico per gli Stati Uniti, che ospitano i colossi essenziali della grande industria del software e hanno un notevole vantaggio sul deposito dei brevetti. Tuttavia, il rifiuto della brevettabilità, può costituire un interesse strategico per l'Europa al fine di proteggere le sue piccole e medie imprese. Il rifiuto dei brevetti sul software  una ricerca e un'industria del software indipendente, basata in parte sulla rottura tecnologico-economica che rappresenta il software libero, preservando così, un sapere tecnologico più competitivo perché più aperto e salvaguardare su questa base la sicurezza economica e politica dell'Europa attraverso la sicurezza delle sue infrastrutture informatiche.

Estendere a tutto il pianeta la brevettabilità del software è evidentemente vantaggioso per gli Stati Uniti e le loro aziende e può permettere loro una vera e propria egemonia tecnica e culturale. Ma se, come si é cercato di dimostrare, la non brevettabilità del software è economicamente più efficace, risulta semplice resistere a questo agguato egemonico e sarebbe possibile forzare gli Stati Uniti a tornare ad una concezione più aperta e più democratica delle tecnologie dell'informazione. Più democratica, perché il non detto su questo argomento è, in fin dei conti, una lotta di sovranità fra gli stati tradizionale e le potenze economiche private.






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