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Colombia, tra diritti violati e speranze future



Uè L'Europa rivista - inserto di Liberazione


Gli interessi economici non devono avere la meglio sui diritti umani. Da questo principio politico ed etico nasce e si sviluppa la «risoluzione Agnoletto» sulla clausola per i diritti umani e la democrazia, votata dall'europarlamento lo scorso 14 febbraio. Uno strumento molto pratico, da inserire in tutti gli accordi commerciali tra Unione europea e Paesi terzi, che vincola i due o più contraenti al rispetto dei diritti umani e delle regole democratiche. Tale clausola vide la luce nel 1990 ma la sua applicazione, da allora, è stata limitata per lo più ai Paesi dell'area Africa Caraibi Pacifico, così detti Acp. Dunque, non ha mai trovato spazio nelle relazioni commerciali tra l'Unione e i Paesi maggiormente industrializzati, laddove cioè aumenta anche il peso specifico degli stessi rapporti economici. Per tutte queste ragioni Bruxelles mi ha incaricato di redigere una nuova clausola, approvata poi a febbraio. Il Parlamento europeo ha assunto una posizione ben più pregnante rispetto al passato in merito ai vincoli imposti dalla clausola, dichiarandosi non più disposto a dare parere conforme ad un accordo commerciale che non contempli appunto in via prioritaria il rispetto dei diritti e della dignità dei cittadini. Questa rinnovata determinazione è un segnale diretto alla Commissione europea, che dovrà decidere nei prossimi mesi come recepire la risoluzione.
Indipendentemente dal mezzo prescelto dall' esecutivo, si potrebbe delineare una chiave di volta per molti casi di violazione delle libertà già segnalati alla Commissione e al Consiglio europei.
Un esempio calzante è la Colombia. Da anni il Paese latinamericano è martoriato da un conflitto armato tra gruppi militari, paramilitari e guerriglieri delle Farc. A questa logica violenta si oppongono le Comunità di pace, villaggi ad economia rurale, autofinanziati e autogestiti dalle popolazioni che li compongono. Hanno scelto di porsi fuori dalle contese dei vari gruppi armati.
Per questa loro indipendenza sono bersaglio delle formazioni militari, incluso l'esercito. Gli episodi di violenza sono, purtroppo, all'ordine del giorno e, cosa se possibile ancor più grave, sono ad oggi impuniti. La recente legge di Giustizia y Paz del governo Uribe va in questa stessa direzione, costituendo una sorta di amnistia per i militanti dei gruppi paramilitari e i tanti collusi col mondo del narcotraffico.
A novembre 2005, con una delegazione del Comune di Narni, ho incontrato le donne, gli uomini e i bambini della Comunità di Pace di san José: vivono dei raccolti della loro terra, gestiscono le scuole per i più piccoli, hanno consigli direttivi e abitano in quelle che chiamano «zone umanitarie», all'interno delle quali non circolano armi ed è bandita la violenza. Sono circa 1300 persone, consapevoli dell'importanza di narrare la loro tragedia, ancora desiderose di avere giustizia, nonostante le intimidazioni e i torti subiti.
Dall'altra sponda dell'oceano, in Europa, hanno l'appoggio, straordinario e tenace, della Rete di solidarietà alle Comunità di pace, di cui il Comune umbro è capofila per l'Italia.
L'appoggio politico, invece, non basta. Ho presentato più interrogazioni al Consiglio e alla Commissione europei, in concomitanza con massacri ai danni della gente di Apartado, per chiedere non solo spiegazioni quanto piuttosto pressioni da parte dell'Unione sul governo latinamericano evidentemente incapace (e non desideroso) di tutelare la vita delle Comunità di pace.
Una settimana dopo la nostra visita, solo per citare uno dei crimini più gravi, l'esercito colombiano uccise Arlen Rodrigo Salas David, coordinatore umanitario della zona di Arenas, uno dei tre villaggi, con San Josè e Union, nei quali vive la Comunità di pace. Non fui il solo, nella delegazione europea, a leggere quest'episodio come una rappresaglia per la nostra missione, per il nostro tentativo di richiamare l'attenzione politica e mediatica su quanto accade in quei villaggi.
Le risposte che ho ottenuto sono sempre state evasive, del genere «L’Ue è già intervenuta più volte [...] Le repliche del Governo colombiano sono state rassicuranti».
Pur concordando sulla necessità di monitorare la situazione dei diritti umani in Colombia, l'Unione europea non ha intrapreso alcuna azione "forte" nei confronti del governo di tale Paese.
Ecco allora dove potrà agire la clausola. Se il Parlamento europeo continuerà a difendere la sua presa di posizione relativamente alla «risoluzione Agnoletto», allora questo strumento potrà essere usato come vincolo per ogni stato.
Nel caso della Colombia, con la quale l'Europa intrattiene importanti relazioni commerciali, la clausola potrebbe essere utilizzata per far sì che Bogotà fermi gli episodi di violenza ai danni delle Comunità di pace. Pena la progressiva rescissione degli accordi commerciali che il Consiglio europeo deciderà di avviare con il governo sudamericano. Progressiva perché la clausola non è e non sarà uno strumento esclusivamente sanzionatorio, bensì un mezzo per costruire relazioni costruttive tra i Paesi. Non si tratta di un ricatto, quanto di un incentivo (se ce ne fosse bisogno) a rispettare i diritti umani.
In questo senso ho voluto inserire nella nuova clausola un ruolo di prim'ordine per le associazioni e le Ong che lavorano per la difesa dei diritti fondamentali. A loro, oltre che agli organi politici preposti, spetterà il monitoraggio dei meccanismi di attuazione della clausola, da loro potranno partire le segnalazioni di violazioni dell'accordo sui diritti delle persone.
E si tratterà di un rapporto bi direzionale, nel quale non solo l'Europa potrà far valere la logica dei diritti sui profitti, ma anche ciascun Paese terzo potrà mettere in discussione la "nostra" capacità di rispettare le norme democratiche.
Ma sappiamo che, purtroppo, per vari motivi, la tutela delle libertà democratiche non è sempre in cima ai pensieri dei governi di tanti Paesi.
Immediatamente dopo l'approvazione della risoluzione, ho avviato degli incontri con Benita Ferrero Waldner, commissaria europea per le Relazioni esterne, affinché i contenuti della risoluzione siano recepiti in una direttiva o comunque in un testo vincolante per i 25 Paesi dell'Unione.
Quando questo avverrà se la Colombia, come tutti gli stati che commerciano con l'Europa, non vorrà vedere compromessi i suoi interessi economici, sarà comunque forzata a rivedere alcune sue scelte e a garantire un'esistenza libera e dignitosa alle Comunità di pace.






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