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Un fondo per gli esposti all’amianto: le multinazionali devono pagare



Lavori in corso - Europa in movimento n.16

Una proposta di legge, una petizione per chiederne al più presto l’approvazione, la mobilitazione di un intero gruppo al Parlamento europeo: tutte azioni volte a chiedere giustizia per chi si è ammalato a causa dell’esposizione all’amianto, assunzione di responsabilità da parte delle multinazionali che si sono arricchite sulla pelle di tante persone e prevenzione, affinché non si ripeta più quanto accaduto negli ultimi anni.

«Amianto, il costo umano dell’avidità delle aziende». Questo era il titolo della pubblicazione resoconto della conferenza sull’amianto organizzata a settembre dello scorso anno dal gruppo GUE/NGL (Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica) a Bruxelles. Da quel summit in cui esperti di 25 Paesi si confrontarono sulle problematiche legate all’amianto, nacque una dichiarazione comune e proprio in questi giorni gli eurodeputati stanno scrivendo una lettera indirizzata alla Commissione Europea, per sottolineare quanto emerso nella conferenza. Uno degli elementi fondamentali sia del summit che della comunicazione diretta all’esecutivo Ue è la richiesta di un fondo europeo di risarcimento per gli esposti ad amianto, finanziato per metà dalle istituzioni pubbliche e per l’altro cinquanta per cento dalle multinazionali dell’amianto.
La medesima domanda è contenuta, a livello nazionale, nella petizione che entro la fine di giugno l’Associazione italiana esposti amianto e l’Associazione lavoro società legislazione consegneranno ai presidenti di Camera e Senato. L’iniziativa popolare nasce infatti per sollecitare l’esame e l’approvazione della proposta di legge sull’amianto presentata il 28 aprile scorso, in occasione della prima Giornata mondiale dedicata alle vittime dell’amianto.
La realtà italiana è preoccupante: almeno 32 milioni di tonnellate di amianto e prodotti che lo contengono sono ancora presenti nel nostro Paese; ci sono regioni per le quali la mappatura dell’amianto (imposta dalla legge 257 del 27 marzo 1992 che ha vietato la lavorazione, l’esportazione, l’estrazione e l’utilizzo dell’amianto e dei prodotti che lo contengono; previsto misure di tutela della salute e dell’ambiente, oltre che di sostegno per i lavoratori e le imprese, e definito l’obbligo di adottare piani regionali) non è nemmeno iniziata; non sono state completate le bonifiche negli edifici, nei luoghi pubblici e privati. Sono inoltre rare e poco finanziate le ricerche per la diagnosi precoce e la cura delle più gravi malattie amianto correlate, mentre i decessi per tumori da amianto continuano, e il picco di mesoteliomi (tumori della pleura) è previsto fra gli anni 2015-2020.






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