Sei qui: home » articoli » archivio 2007

Sosteniamo Malalai Joya, dalla parte del popolo afgano, contro i signori della guerra



Lavori in corso - Europa in movimento n. 47

La più giovane parlamentare afgana, da sempre impegnata nella difesa dei diritti umani, per le donne e per i bambini afgani, è stata recentemente sospesa dal suo incarico politico. Il motivo? Ha criticato il Parlamento afgano. Alla mobilitazione della società civile abbiamo voluto contribuire, a Bruxelles, con una interrogazione alla Commissione e al Consiglio europei. Ma tutti possiamo far sentire la nostra voce per sostenere una delle più acerrime nemiche dei signori della guerra e dei narcotrafficanti.
Malalai Joya è la più giovane parlamentare afgana. É soprattutto una «spina nel fianco» dei signori della guerra che siedono in quello stesso parlamento, come già denunciato dalla società civile afgana e da molte ong che si occupano di diritti e democrazia, inclusa Amnesty international. Poche settimane fa l’assemblea afgana ha votato a maggioranza la sua sospensione.
Il pretesto è stato un intervento di critica espresso da Malalai Joya contro lo stesso Parlamento nazionale e i «fallimenti della sua politica nei confronti del popolo afgano». L’altra sua “colpa” è aver dichiarato in un’intervista che il parlamento afgano è peggio di una stalla, vista la presenza di criminali di ogni genere. Ne è seguito il provvedimento di sospensione, che comprende l’ordine di aprire un’inchiesta nei suoi confronti e la richiesta al ministero degli Interni di limitarne gli spostamenti.
Ma le reali motivazioni di questa scelta emergono chiaramente dalla biografia politica e personale di Malalai.
29 anni, è stata eletta alle elezioni parlamentari nel 2005 con oltre 7mila voti. La sua storia politica inizia nel dicembre 2003, in occasione della riunione della Loya Jirga, il gran consiglio afgano convocato per scrivere la nuova costituzione. La giovane donna, assistente sociale nella provincia occidentale di Farah, partecipava alla riunione in rappresentanza della sua gente, in mezzo a cinquecento mullah, comandanti mujaheddin, capi tribù e rappresentanti locali provenienti da tutto il Paese. E si era resa conto che in quell’assemblea erano presenti famigerati signori della guerra e comandanti fondamentalisti. Decise allora di prendere la parola e si rivolse ai suoi compatrioti: «perché permettono che la legittimità e la legalità di questa Loya Jirga vengano messe in dubbio dalla presenza dei traditori che hanno ridotto il nostro Paese in questo stato. (...) Sono coloro che hanno trasformato il nostro Paese nel fulcro di guerre nazionali ed internazionali. Nella nostra società sono le persone più contrarie alle donne (…). Dovrebbero essere portati davanti a tribunali nazionali e internazionali».
Da quel giorno Malalai viene minacciata costantemente, in tutti i modi i suoi “nemici” hanno tentato di metterla fuori gioco. A fine maggio, purtroppo, ci sono – in parte – riusciti.
È evidente che si tratta di un’espulsione ingiustificata, ed è altrettanto chiaro che Malalai ha bisogno di essere aiutata e supportata. Deve tornare al suo lavoro.
Insieme a Luisa Morgantini, abbiamo chiesto a Commissione e Consiglio di chiarire le loro posizioni «di fronte all’impedimento da parte di un Parlamento del diritto alla libera manifestazione di opinione nella sua sede propria» e di «adottare delle misure per garantire la normale e doverosa dialettica democratica e per assicurare la sicurezza di Malalai Joya».
Chi volesse, può contribuire alla mobilitazione internazionale, inviando alle istituzioni l’appello pubblicato sul sito www.afgana.org e, in inglese, sul portale dei Comitati in difesa di Malalai, all’indirizzo www.malalaijoya.com.






spedisci il link ad un amico